Gli studi dicono che l’82% dei runner andrà incontro a un infortunio durante la sua carriera. Gli infortuni che possono colpirlo sono più di 20: tra i più frequenti si segnalano la fascite plantare, la “periostite tibiale”, la tendinopatia dell’Achilleo (o altri tendini), il “ginocchio del corridore” (chiamato più propriamente sindrome femoro-rotulea), la sindrome della bandelletta ileotibiale e le lesioni muscolari. E’ ormai opinione condivisa che la stragrande maggioranza di questi infortuni derivino da errori di allenamento. In particolare l’infortunio da sovraccarico avviene quando il carico cumulativo applicato ai tessuti è superiore alla capacità di carico del tessuto stesso.

Questo può avvenire sia in un singolo episodio (ad esempio a causa di una caduta), oppure per il ripetersi troppo frequente di uno sforzo senza adeguato tempo di recupero (come durante la preparazione per una maratona)


In sostanza il corpo umano possiede una certa capacità di sopportare il carico. Poi a differenza di una macchina, in cui se si supera la sua capacità di carico essa si rompe, il corpo umano è un sistema biologico (quindi composto da cellule “vive”), per cui è in grado di adattarsi al carico. Quindi possiamo superare la nostra capacità di carico per un breve periodo di tempo, senza che questo porti a gravi conseguenze se non un po’ di rigidità e qualche dolorino magari la mattina dopo. L’importante è che poi diamo al nostro corpo la possibilità di recuperare. In questo lasso di tempo avviene un adattamento, per cui la nostra capacità di carico aumenta leggermente. E’ in questo modo che con il tempo riusciamo a sopportare degli allenamenti sempre più pesanti. Ma quando il recupero è insufficiente, allora avviene un sovraccarico (= supero le mie capacità di carico), e ciò porta all’infortunio. Le variabili che influiscono sul sovraccarico sono tre:


1) intensità* degli allenamenti/gare

2) frequenza

3) durata


* l’intensità non è solo data dalla velocità, ma anche da eventuali terreni difficili, fango, salite ecc


E’ importante sottolineare che una qualsiasi combinazione dei precedenti, ma anche uno solo dei tre, può portare al sovraccarico: per cui è chiaro come sia facile avvicinarsi pericolosamente al limite.


L’altra cosa importante risiede nel decidere se gestire l’infortunio da sé, oppure cercare un aiuto professionale: è importante capire che in questa decisione il tipo d’infortunio (diciamo la zona colpita) non conta molto – quello che importa è la sua gravità. Sfortunatamente, spesso non è chiaro come quantificare la gravità dell’infortunio. A questo proposito risulta molto utile la classificazione proposta dal fisioterapista statunitense Wilk. La scala di Wilk prevede cinque stadi:


Stadio 1: è il dolore durante la corsa. Può essere il dolore che arriva dopo 10 chilometri, o dopo 1 chilometro, e continua per tutta la durata della corsa, ma smette appena smesso di correre – questo è il primo segno di allarme di un infortunio. ( Qui non si sta parlando dei dolorini dei primi chilometri che poi spariscono correndo. Come diceva il grande Enrico Arcelli: “Se dovessimo badare anche a quelli, non correrebbe quasi più nessuno”).


Stadio 2: è il dolore a riposo. Hai finito di correre, e il dolore è ancora lì: e non sta andando via. Diciamo il dolore che persiste fino alla mattina successiva – è il momento di iniziare l’autotrattamento.


Stadio 3: è il dolore che persiste anche durante le normali attività quotidiane, come camminare verso l’auto, o fare le scale, o piegarsi in avanti. Ti siedi alla scrivania e hai qualche dolore o fastidio continuo che ti disturba, anche se hai corso un paio di giorni fa - Attenzione: se non migliora in qualche giorno, o peggiora nonostante l’autotrattamento, è ora di cercare un aiuto professionale.


Stadio 4: è il dolore per cui prendete qualche medicinale (FANS, analgesico, steroide, infiltrazione). Questo è un punto importante. Il farmaco maschera la gravità di un infortunio e gli permette di peggiorare se continuate a correre. Bisogna capire che il dolore è un meccanismo di difesa, come un allarme che ci avverte di un presunto pericolo: correre coprendo questo segnale è un po’ come andare in moto senza casco. Se va tutto bene, ok: ma se va male, può andare molto male. Se state prendendo un farmaco o avete appena fatto una infiltrazione, bisogna smettere di correre fintantoché non è stato eliminato dall’organismo. A questo punto, siete ad un passo dall’Abisso. Mentre si prendono medicinali per il dolore, bisogna smettere di correre. (Eccezione: se vi siete allenati 5 mesi per una gara importante e compare un dolore nuovo poco prima – e succede spesso!, poi più avanti vedremo il perché - , allora può avere un senso prendere un farmaco per cercare di gareggiare comunque)


Stadio 5: è il dolore disabilitante, che vi fa zoppicare. Vi impedisce di correre, e forse anche di camminare. E’ l’inizio dell’Abisso.


Ogni infortunio può essere classificato in uno di questi stadi.

Vi state allenando per la maratona e ogni volta al decimo chilometro il vostro piede vi fa vedere le stelle, tanto da non poter correre più di dieci chilometri. Se il dolore passa quando vi fermate E non interferisce con le attività quotidiane E non state prendendo alcun farmaco, allora siamo allo stadio 1.

Notate che anche se un corridore è allo stadio 1, con un leggero dolore mentre corre, ma sta prendendo qualche farmaco, salta automaticamente allo stadio 4, ad un passo dall’Abisso.


Quindi, concludendo, il tipo di infortunio non è un fattore importante nel decidere se farsi vedere da un professionista: qualsiasi tipo di infortunio può andare dallo stadio 1 allo stadio 5. Può capitare che uno pensi che è una semplice “tendinite”, prenda dei FANS o faccia delle “punturine” e continui a correre. Questo può essere molto pericoloso, e portarvi allo stadio 5: il recupero dall’Abisso può richiedere mesi di riposo, a volte anche di più. Qualcuno a volte dall’Abisso non riesce più a tornare.

L’autotrattamento

L’autotrattamento per gli infortuni del corridore è il cosiddetto PRICE: protezione, recupero, ice (ghiaccio), compressione, elevazione.

P sta per protezione: significa identificare e modificare, per quanto vi è possibile, la causa dell’infortunio. Come detto prima, spesso la causa principale è un errore di allenamento: per cui la prima cosa da fare è ridurre il carico, proteggendo il tessuto leso e permettergli di recuperare. Questo potrebbe significare varie cose, come per esempio modificare l’allenamento o fare riposo completo, oppure magari solo cambiare scarpe.


R sta per recupero e significa cercare di muoversi dagli stadi alti della scala di Wilk a quelli più bassi, riguadagnando il movimento, la forza e la funzione della parte infortunata. Uno può anche allenarsi, riguadagnando movimento e forza, a patto che il grado della scala scenda. Parte del recupero possono essere un semplice massaggio, il riposo, o una modifica dell’allenamento. Anche il farmaco (prescritto dal medico) può essere parte del recupero soprattutto se il sonno è disturbato dal dolore e il farmaco è necessario per riposare: ma ormai deve essere chiaro che non si deve correre. Si è allo stadio 4.


Ghiaccio significa applicare il freddo alla parte infortunata. Ci sono molti modi in cui applicare il freddo. Fare dei periodi alternati da 20 minuti l’uno è un buon punto di partenza.


Compressione significa che il sacchetto freddo verrà avvolto e premuto sulla struttura lesa utilizzando magari del velcro: questo è utile in particolare per le lesioni muscolari.


A questo punto, se trattasi di un infortunio acuto come un trauma, la parte lesa va possibilmente elevata sopra l’altezza del cuore, per favorire il riassorbimento dell’eventuale edema.



Quando cercare aiuto professionale


La maggior parte dei runner è in grado di limitare i propri allenamenti e impiegare le tecniche di autotrattamento sopra descritte abbastanza precocemente in modo da prevenire la perdita della funzione quotidiana. La situazione è tenuta sotto controllo e il problema regredisce: ricordate che la prima regola della strategia di recupero è la protezione, cioè la riduzione del carico. E’ meglio mettere in atto precocemente un sistema di controllo del problema (scarpe, esercizi, modifica dell’allenamento, ecc.) prima che esso progredisca verso gli stadi più alti della scala.

Se siete corridori, qualche fastidio durante la corsa può essere sempre più o meno presente: questo è normale e può andare bene continuare a correrci un po’ su, ma bisogna tenere le antenne dritte.


Cercate aiuto professionale se incontrate uno di questo segni di allarme:


- state prendendo farmaci e continuando a correre;


- vi hanno dato dei farmaci o iniettato qualcosa dicendovi di continuare a correre (questo non è un aiuto professionale);


- se avete un dolore continuo a riposo, o il dolore disturba il sonno;


- se il dolore interferisce con le attività quotidiane;


- se avete problemi a camminare, fare le scale ecc, e ciò continua per più di due giorni oppure sta peggiorando invece di migliorare.


- se il dolore vi preoccupa, anche allo stadio 1.


Nel prossimo articolo vedremo come valutare quando si è pronti a tornare a correre dopo un infortunio che ci ha costretto a smettere di farlo.



Samuele Graffiedi, Fisioterapista


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